Tempio di Giove
Uscendo dal centro storico ed imboccando la strada che sale, costeggiando parte delle mura e torri di difesa e alcuni sepolcreti di età romana, fino alla cima del monte S.Angelo (m.227), si scopre il Tempio di Giove Anxur con l’ampia area archeologica sulla quale si appoggia. Il Tempio, è stato probabilmente costruito contemporaneamente alla cinta sillana ed all’acropoli; preesisteva forse il cosiddetto Piccolo Tempio (a sinistra di quello grande). Il rilievo territoriale del Santuario e la conseguente necessità di esser visto dal mare e da terra, indussero ad elevare su un fronte di sessanta metri, delle immense costruzioni, formate da dodici imponenti arcate, comunicanti tramite un criptoportico. Sopra questa piattaforma, oggi superstite, sorgeva il tempio di tipo corinzio, con gradinate d’accesso, pronao e la cella quadrata dove si custodiva il simulacro di Giove fanciullo (anxur = senza barba, imberbe). Sulla destra dei ruderi del tempio si trovava l’oracolo, consistente in una costruzione intorno ad un foro nella roccia, comunicante con una caverna, attraverso il quale i sacerdoti diffondevano i loro responsi. Sulla fondatezza della denominazione si dubita, in quanto alcuni indizi provenienti dalla stipe qui rinvenuta e alcune epigrafi sembrerebbero attribuirlo al culto di Venere. La costruzione sorge sulla collinetta che domina il porto di Terracina: dell’edificio restano soltanto le poderose costruzioni realizzate nel 78 a.C., sulla cui platea era collocato il tempio. A breve distanza si individuano i resti del “tempio piccolo”, molto frequentato, come attesta anche la ricca stipe votiva sca­vata nel 1894. Qui era collocato l’oracolo: un vano sotterraneo al quale corrisponde una via d’uscita nel tempio, potrebbe essere il luogo dal quale la voce dei sacerdoti proclamava il vaticinio che gli ignari visitatori credevano venisse dal ventre stesso della terra.
Nella parte valliva occidentale, lungo l’antico tracciato della Via Appia, sono individuabili resti di monumenti funebri, oggi inglobati in proprietà private. Qualche chilometro più avanti, verso Roma, ai piedi del monte Leano, nel punto in cui il Decennovio piegava verso la valle, sorgeva un tempio dedicato alla dea Feronia, ricordato da molti viaggiatori, tra i quali il poeta Orazio (Ora manusque tua lavimus, Feronia, Lympha): qui gli schiavi venivano resi liberi. Nella parte orientale della città, la Via Appia fu aperta a mare con il taglio di una grande roccia nota come Pesco o Pisco montano, fatto eseguire da Traiano per 128 piedi romani (equivalenti a circa 38 metri) segnalati sulla liscia parete della roccia da apposite edicole.
 
 
Fonte dati: pubblicazioni APT della Provincia di Latina